Il
progetto mette in scena un dialogo tra architettura e paesaggio. L’architettura
racconta il paesaggio senza parole, lo fa attraverso linee che segnano confini
e incorniciano figure. Fatta di muri, l’architettura narra il paesaggio quasi
ponendosi in contrasto con esso, non tende a una sintesi organica,
configurandosi invece come un filtro attraverso cui traguardare.
L’architettura dunque non oppone violenza al paesaggio, non lo modifica, resta
immobile offrendone così una più sincera lettura. Poste sulla collina, le case
sono solcate da grandi bucature, così che lo sguardo possa attraversarle,
inquadrando all’interno del loro prospetto-sezione
sagome e orizzonti di campagna veientana.
Le due case binate in cemento armato si innalzano per tre piani e hanno un impianto planimetrico a L allungabile, memore delle sperimentazioni sull’abitazione di Libera e Diotallevi-Marescotti-Pagano. Se il piano interrato esistente ospita locali di servizio, il piano terra è il fulcro della casa, accogliendo la zona giorno col portico, lo studio dell’artista e i servizi; al secondo piano si colloca la zona notte con il balcone e il solarium.
Sul lato est la casa si affaccia su uno spazio esterno pavimentato, interrotto da una piscina la cui figura irregolare si staglia sulla sagoma planimetrica quadrata. Tale piazza -che diventa uno spazio per concerti nella casa del musicista- è un luogo visivamente connesso alla residenza, dominato dalla presenza metafisica della cappa del camino.
L’idea di costruire spazi contenuti nella piegatura di setti e solai discende dalla duplice necessità di schermare l’abitazione dalla luce solare e di accrescerne la superficie attraverso l’uso di portici (lo sbalzo esterno di tali solai è infatti di 2.40 m). La copertura della casa è rivestita in lastre di travertino ed è solcata dalla grande bucatura del solarium. Essa reca l’alloggiamento dei pannelli fotovoltaici e del solare termico.